Premessa
Il processo può essere definito come un complesso meccanismo che, partendo da una controversia, riesce a dare luogo ad una decisione. Il suo ruolo è quello di accertare i fatti ed applicare il diritto con la finalità di concluderlo secondo verità e giustizia.
Questa esigenza ha fatto si che il legislatore abbia previsto molteplici mezzi per tutelare e garantire alle parti un giusto processo, ma tale principio, molto spesso, va in contrasto con la ragionevole durata dei procedimenti, intesa come l’equilibrio tra le risorse complessive del sistema e il tempo che può essere dedicato ad un singolo giudizio.
Difatti è da ritenersi inefficace un procedimento che garantisce innumerevoli tutele se giunge a conclusione dopo tanti anni. Sulla base di simili valutazioni l’art. 1 l. cost. 23 novembre 1999, n. 2 ha novellato l’art. 111 cost. inserendo il comma 2 nel quale prevede che “ogni processo si svolge nel contraddittorio fra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo e imparziale.
La legge ne assicura la ragionevole durata.” Con tale modifica, si è elevato di fatto a rango costituzionale il principio alla ragionevole durata dei procedimenti.
Processo lungo?
La Legge Pinto
L’Italia, a seguito delle condanne ricevute da parte della Corte di Strasburgo (la quale alla fine degli anni 90’ era oberata dalle numerosissime richieste di risarcimento per i ritardi processuali italiani), il 24 marzo del 2001 ha emanato la Legge n°89 denominata “Legge Pinto”, la quale disciplina l’irragionevole durata del processo, prevedendo in caso di superamento di determinati termini, degli indennizzi.
Soggetti a cui è rivolta la Legge Pinto
La legge pinto prevede un indennizzo nei confronti di tutti coloro che subiscono un ingiustificato ritardo processuale nei seguenti procedimenti:
- Procedimento Civile
- Procedimento Penale
- Procedimento Amministrativo
- Procedimento Contabile
- Procedimenti di esecuzione forzata e procedure concorsuali
- Procedimento Tributario
Limiti temporali previsti dalla legge
l’art. 6 della CEDU prevede che “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale…”
La legge Pinto prevede che il termine ragionevole entro il quale si dovrebbe concludere un procedimento è previsto in:
- 3 anni per il primo grado di giudizio;
- 2 anni per il secondo grado di giudizio;
- 1 anno per il grado di legittimità:
Nel calcolare la durata del procedimento si terrà in considerazione il periodo che intercorre tra la data di deposito del ricorso o la data di notificazione dell’atto di citazione, fino alla data dell’atto che porrà fine al procedimento. Verranno esclusi dal calcolo temporale i periodi in cui un procedimento verrà sospeso e il tempo che incorrerà tra la data per proporre l’impugnazione e la proposizione della stessa.
Per quanto riguarda i procedimenti di esecuzione forzata, il termine ragionevole è di tre anni, mentre per le procedure concorsuali è di sei anni.
Per i procedimenti penali il termine ragionevole comincia a decorrere dall’assunzione della qualità di imputato, di parte civile o di responsabile civile o, comunque, dalla data in cui l’indagato ha avuto conoscenza della chiusura delle indagini preliminari.
Gli Importi Riconosciuti
Importi risarciti
Gli indennizzi possono variare da un minimo di 400,00 € ad un massimo di 800,00 € per ogni anno di ritardo o frazione di anno eccedente i sei mesi, che violano la ragionevole durata dei procedimenti. Tale somma può essere aumentata del 20% per gli anni successivi al terzo e di un 40% per gli anni successivi al settimo.
Gli importi possono essere ridotti di un 20% qualora le parti del procedimento presupposto siano maggiori di 10 e di un 40% se superiori a 50.
Può essere prevista, a discrezione del giudice, una riduzione ulteriore fino ad 1/3 dell’indennizzo nel coso di integrale rigetto del ricorso a cui è riferita la richiesta di equa riparazione.
In caso di riunione di procedimenti, il risarcimento è riconosciuto una sola volta.
La somma può essere incrementata fino ad un 20% per ogni ricorso riunito su istanza del ricorrente.
Criteri per quantificare gli indennizzi
Il giudice, una volta accertata la violazione della ragionevole durata del procedimento, procede con la quantificazione degli importi da riconosce ad ogni singolo ricorrente che, come già abbiamo indicato nel paragrafo precedente, variano da un minimo di 400,00 € fino ad un massimo di 800,00 €, vagliando i seguenti criteri:
- Esito del procedimento presupposto;
- Comportamento del giudice e delle parti;
- Natura degli interessi coinvolti;
- Valore e rilevanza della causa, valutati anche in relazione alle condizioni personali della parte;
- La somma dell’indennizzo non può essere mai superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice.
Natura giuridica degli indennizzi
La Legge Pinto prevede che se il giudice ravvisa la sussistenza di un danno e il mancato rispetto del termine ragionevole, può disporre a favore del richiedente un equo indennizzo.
Difatti non si parla di risarcimento del danno in quanto il ritardo nelle funzioni giurisdizionali non costituisce un illecito bensì di un’attribuzione indennitaria che deriva da un inefficiente funzionamento dell’amministrazione della giustizia.
Hai altre domande?
Gli elementi presi in considerazione dal giudice nel valutare l’ammissibilità della domanda
Rimedi preventivi
Ai fini della richiesta di risarcimento, la Legge Pinto richiede che la parte abbia esperito una serie di rimedi preventivi nel procedimento per il quale si sta chiedendo l’indennizzo. Per rimedi preventivi si intendono degli atti posti in essere dal ricorrente all’interno del procedimento finalizzati ad una conclusione più celere del giudizio e sono i seguenti:
- Nel procedimento civile si intendono rimedi preventivi l’introduzione del giudizio nelle forme del procedimento sommario di cognizione e la richiesta di passaggio dal rito ordinario al rito sommario. Nel caso di procedimenti a cui non si applica il rito sommario o nei procedimenti di appello, costituisce rimedio preventivo proporre istanza di decisione a seguito di trattazione orale;
- Nel procedimento penale costituisce rimedio preventivo la presentazione di un’istanza di accelerazione;
- Nel procedimento contabile costituisce rimedio preventivo la presentazione di istanza di accelerazione;
- Nei procedimenti istaurati dinanzi la Corte di Cassazione costituisce rimedio preventivo la presentazione di istanza di accelerazione.
Comportamenti ed atti per cui non è riconosciuto alcun indennizzo
A fini della valutazione dell’ammissibilità della richiesta di risarcimento il giudice deve valutare una serie di elementi, come l’oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e la durata del procedimento. Per quanto riguarda il secondo aspetto, il giudice non riconosce alcun indennizzo nei confronti di coloro che hanno agito o resistito in giudizio consapevoli dell’infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande o difese o hanno comunque abusato dei poteri processuali, determinando un’ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento.
Oltre ad aspetti legati al comportamento della parte si inseriscono in questo scenario condizioni puramente processuali che comportano l’insussistenza del pregiudizio da irragionevole durata del procedimento:
- Prescrizione del reato;
- Contumacia della parte;
- Estinzione del processo per rinuncia o inattività delle parti;
- Perenzione del ricorso;
- Mancata presentazione della domanda di riunione;
- Introduzione di domande connesse con altre già proposte, con ricorso separato;
- Irrisorietà della pretesa o del valore della causa.
Procedimento previsto dalla Legge Pinto
Foro Competente
Il ricorso ex Legge Pinto (n° 89/2001) deve essere presentato dinanzi alla Corte di Appello del distretto del giudice innanzi al quale si è svolto il primo grado del procedimento presupposto (Es. per un ricorso concluso dinanzi al Tar Lazio sarà competente la Corte di Appello di Roma).
Controparte
Il ricorso verrà presentato nei confronti di un Ministero diverso in funzione dell’autorità giudiziaria:
- Per i procedimenti istaurati dinanzi al giudice ordinario il ricorso sarà proposto nei confronti del Ministero della Giustizia
- Per i procedimenti istaurati dinanzi al giudice militare il ricorso sarà proposto nei confronti del Ministero della Difesa;
- Per i procedimenti istaurati dinanzi ai giudici amministrativi, tributari e contabili (ed in tutti gli altri casi) il ricorso sarà proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Documenti necessari
Per dare modo al giudice competente di valutare la richiesta di un’equa riparazione a seguito della violazione della ragionevole durata dei procedimenti, è necessario fornire una serie di documenti in copia autentica del fascicolo relativo al ricorso presupposto. Tali documenti sono i seguenti:
- Atto di citazione
- Ricorso introduttivo
- Comparse e memorie
- Verbali di udienza
- Provvedimento che ha definito il giudizio.
Tempo in cui si deve concludere il procedimento
A seguito del deposito del ricorso, il presidente della Corte di Appello o il giudice designato, deve emettere entro trenta giorni di tempo un decreto motivato con cui accoglie o rigetta il ricorso. In caso di accoglimento del ricorso, il giudice ingiunge all’amministrazione competente di pagare quanto previsto nel decreto senza dilazione di tempo. Mentre se il ricorso viene rigettato, la parte soccombente non potrà ripresentare l’istanza, ma potrà opporsi al decreto. Il Ministero o la corte di Appello competente, procede al pagamento di tutti i provvedimenti di accoglimento dalla Corte di Appello competente, in funzione delle proprie risorse disponibili.
Limite entro il quale deve essere presentato il ricorso
La legge Pinto prevede che la richiesta di un’equa riparazione dovuta a seguito della violazione della ragionevole durata processuale debba essere presentata, a pena di decadenza, entro i sei mesi successivi dal momento in cui la decisione che ha concluso il procedimento diventi definitiva, e cioè dal suo passaggio in giudicato.
Procedimento presso la Corte di Strasburgo
Qualora si ritenga che la legge italiana sia in contrasto con i principi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il cittadino può proporre ricorso dinanzi la Corte Di Strasburgo. Difatti l’articolo 34 CEDU prevede che la Corte di Strasburgo “può essere investita di un ricorso da parte di una persona fisica, un’organizzazione non governativa o un gruppo di privati che sostenga d’essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli”
Tale possibilità però è subordinata a due condizioni:
- Che si siano esaurite le vie di ricorso interne o che non siano previste dallo stato di appartenenza;
- Che il ricorso venga presentato entro i sei mesi successivi alla data della decisione definitiva.
Domande Frequenti
Quali sono i limiti temporali previsti dalla legge?
l’art. 6 della CEDU prevede che “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale…”
La legge Pinto prevede che il termine ragionevole entro il quale si dovrebbe concludere un procedimento è previsto in:
- 3 anni per il primo grado di giudizio;
- 2 anni per il secondo grado di giudizio;
- 1 anno per il grado di legittimità.
Nel calcolare la durata del procedimento si terrà in considerazione il periodo che intercorre tra la data di deposito del ricorso o la data di notificazione dell’atto di citazione, fino alla data dell’atto che porrà fine al procedimento. Verranno esclusi dal calcolo temporale i periodi in cui un procedimento verrà sospeso e il tempo che incorrerà tra la data per proporre l’impugnazione e la proposizione della stessa.
Per quanto riguarda i procedimenti di esecuzione forzata, il termine ragionevole è di tre anni, mentre per le procedure concorsuali è di sei anni.
Per i procedimenti penali il termine ragionevole comincia a decorrere dall’assunzione della qualità di imputato, di parte civile o di responsabile civile o, comunque, dalla data in cui l’indagato ha avuto conoscenza della chiusura delle indagini preliminari.
Quali sono gli importi risarciti?
Gli indennizzi possono variare da un minimo di 400,00 € ad un massimo di 800,00 € per ogni anno di ritardo o frazione di anno eccedente i sei mesi, che violano la ragionevole durata dei procedimenti. Tale somma può essere aumentata del 20% per gli anni successivi al terzo e di un 40% per gli anni successivi al settimo.
Gli importi possono essere ridotti di un 20% qualora le parti del procedimento presupposto siano maggiori di 10 e di un 40% se superiori a 50.
Può essere prevista, a discrezione del giudice, una riduzione ulteriore fino ad 1/3 dell’indennizzo nel coso di integrale rigetto del ricorso a cui è riferita la richiesta di equa riparazione.
In caso di riunione di procedimenti, il risarcimento è riconosciuto una sola volta.
La somma può essere incrementata fino ad un 20% per ogni ricorso riunito su istanza del ricorrente.
Chi sono i soggetti a cui è rivolta la Legge Pinto?
La legge pinto prevede un indennizzo nei confronti di tutti coloro che subiscono un ingiustificato ritardo processuale nei seguenti procedimenti:
- Procedimento Civile
- Procedimento Penale
- Procedimento Amministrativo
- Procedimento Contabile
- Procedimenti di esecuzione forzata e procedure concorsuali
- Procedimento Tributario
Chi è la controparte?
Il ricorso verrà presentato nei confronti di un Ministero diverso in funzione dell’autorità giudiziaria:
- Per i procedimenti istaurati dinanzi al giudice ordinario il ricorso sarà proposto nei confronti del Ministero della Giustizia
- Per i procedimenti istaurati dinanzi al giudice militare il ricorso sarà proposto nei confronti del Ministero della Difesa;
Per i procedimenti istaurati dinanzi ai giudici amministrativi, tributari e contabili (ed in tutti gli altri casi) il ricorso sarà proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
C’è un limite entro il quale deve essere presentato il ricorso?
La legge Pinto prevede che la richiesta di un’equa riparazione dovuta a seguito della violazione della ragionevole durata processuale debba essere presentata, a pena di decadenza, entro i sei mesi successivi dal momento in cui la decisione che ha concluso il procedimento diventi definitiva, e cioè dal suo passaggio in giudicato.
Qual è il tempo in cui si deve concludere il procedimento?
A seguito del deposito del ricorso, il presidente della Corte di Appello o il giudice designato, deve emettere entro trenta giorni di tempo un decreto motivato con cui accoglie o rigetta il ricorso. In caso di accoglimento del ricorso, il giudice ingiunge all’amministrazione competente di pagare quanto previsto nel decreto senza dilazione di tempo. Mentre se il ricorso viene rigettato, la parte soccombente non potrà ripresentare l’istanza, ma potrà opporsi al decreto. Il Ministero o la corte di Appello competente, procede al pagamento di tutti i provvedimenti di accoglimento dalla Corte di Appello competente, in funzione delle proprie risorse disponibili.
Quali sono i criteri per quantificare gli indennizzi?
Il giudice, una volta accertata la violazione della ragionevole durata del procedimento, procede con la quantificazione degli importi da riconosce ad ogni singolo ricorrente che, come già abbiamo indicato nel paragrafo precedente, variano da un minimo di 400,00 € fino ad un massimo di 800,00 €, vagliando i seguenti criteri:
- Esito del procedimento presupposto;
- Comportamento del giudice e delle parti;
- Natura degli interessi coinvolti;
- Valore e rilevanza della causa, valutati anche in relazione alle condizioni personali della parte;
La somma dell’indennizzo non può essere mai superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice.
Documenti necessari
Per dare modo al giudice competente di valutare la richiesta di un’equa riparazione a seguito della violazione della ragionevole durata dei procedimenti, è necessario fornire una serie di documenti in copia autentica del fascicolo relativo al ricorso presupposto. Tali documenti sono i seguenti:
- Atto di citazione
- Ricorso introduttivo
- Comparse e memorie
- Verbali di udienza
- Provvedimento che ha definito il giudizio
Quali sono gli elementi che prende in considerazione nel valutare l’ammissibilità della domanda?
Ai fini della richiesta di risarcimento, la Legge Pinto richiede che la parte abbia esperito una serie di rimedi preventivi nel procedimento per il quale si sta chiedendo l’indennizzo. Per rimedi preventivi si intendono degli atti posti in essere dal ricorrente all’interno del procedimento finalizzati ad una conclusione più celere del giudizio e sono i seguenti:
- Nel procedimento civile si intendono rimedi preventivi l’introduzione del giudizio nelle forme del procedimento sommario di cognizione e la richiesta di passaggio dal rito ordinario al rito sommario. Nel caso di procedimenti a cui non si applica il rito sommario o nei procedimenti di appello, costituisce rimedio preventivo proporre istanza di decisione a seguito di trattazione orale;
- Nel procedimento penale costituisce rimedio preventivo la presentazione di un’istanza di accelerazione;
- Nel procedimento contabile costituisce rimedio preventivo la presentazione di istanza di accelerazione;
Nei procedimenti istaurati dinanzi la Corte di Cassazione costituisce rimedio preventivo la presentazione di istanza di accelerazione.
Comportamenti ed atti per cui non è riconosciuto alcun indennizzo
A fini della valutazione dell’ammissibilità della richiesta di risarcimento il giudice deve valutare una serie di elementi, come l’oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e la durata del procedimento. Per quanto riguarda il secondo aspetto, il giudice non riconosce alcun indennizzo nei confronti di coloro che hanno agito o resistito in giudizio consapevoli dell’infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande o difese o hanno comunque abusato dei poteri processuali, determinando un’ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento.
Oltre ad aspetti legati al comportamento della parte si inseriscono in questo scenario condizioni puramente processuali che comportano l’insussistenza del pregiudizio da irragionevole durata del procedimento:
- Prescrizione del reato;
- Contumacia della parte;
- Estinzione del processo per rinuncia o inattività delle parti;
- Perenzione del ricorso;
- Mancata presentazione della domanda di riunione;
- Introduzione di domande connesse con altre già proposte, con ricorso separato;
- Irrisorietà della pretesa o del valore della causa.